CARTEGGIO, CRISTINA CAMPO A MITA, a cura di Raffaella Molinari

foto di jarmoluk da pixabay

È questa l’ultima delle lettere, scelte per la rubrica dall’epistolario di Cristina Campo e una delle ultime del più corposo dei suoi carteggi, le duecentoquaranta lettere scritte a Mita fra il 1956 e il 1975, pubblicato da Adelphi nel novembre 1999 per la cura della stessa Margherita Pieracci Harwell destinataria, amica e appassionata esegeta della scrittrice fiorentina. La corrispondenza ebbe inizio nel 1952 intorno al libro di Simone Weil La pesanteur e la grace, ma il corpus pubblicato comincia dalla lettera datata 16 aprile 1956, perché le precedenti furono restituite a Cristina, che a quel punto della sua vita aveva deciso di cancellare le tracce di ogni avvenimento passato, esterno o privato che fosse: “ Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere,/inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa;/ch’io mi distenda sul quadrante dei giorni, /riconduca la vita a mezzanotte.” (Passo d’addio in La Tigre Assenza, Adelphi, 1991).
Un rito da vera “imperdonabile”, dove appare la sua siderale radicalità ma anche quella fragile eccedenza di passioni gettata a far da ponte tra l’assoluto e l’imperfezione umana. Lettere a Mita è il libro dell’amica, dove l’orizzonte dell’assenza, della lontananza, come e più che negli altri carteggi pubblicati, ne fa un dialogo a una voce: l’io della destinataria scompare, le note al testo sono da scrivere in terza persona, per far nascere un nuovo prezioso libro dell’amica Cristina. Che ben ne conosce la finezza e la discrezione: “Un curioso particolare. – si legge nel poscritto alla lettera dell’8 settembre Natività di Maria 1970 – Mi chiedevo a quale Santo consacrare la nostra amicizia: è tempo di farlo, non è vero? Mi è risuonato nella mente, di colpo, un versetto del Magnificat. E allora ho ricordato che fu un divino discorso tra due Amiche. Sarà la Visitazione, dunque, il nostro Mistero. (La convince?).” Il fatto che Simone Weil sia la terza tra le due lo richiama in modo esplicito la lettera qui proposta, dove campeggiano vive le parole chiave di perfezione e di attenzione. Parole chiave dell’imperdonabile che è- come chiosa Laura Boella- “assolutezza, purezza, o almeno l’aspirazione a esse: la cifra, viene subito da dire, della parola e dell’esistenza femminile, in qualunque forma si esprima, teoretica, poetica, religiosa.”

 

*


Spero, nella nostra ultima telefonata, di averle spiegato con sufficiente chiarezza i piccoli ritocchi che gioverebbero, penso, al suo saggio su A[nna] B[anti]. Ricordiamo S. Weil che, meditando sopra la forza, ci racconta tutta l’Iliade… Credo che questo sia necessario, se si vuole che la critica sia quell’incrociarsi di voci e di echi di cui si parlava – quel movimento nei due sensi. Penso che bisognerebbe procedere così anche in un saggio su Dante – come se nessuno avesse mai letto prima la Commedia. Del resto è la stessa probità della pittura di cui in questo saggio si parla. Per poter gettare tutta la luce su quello scorcio di raso bianco, bisogna che dietro, nell’ombra, sia presente tutta la stanza, con porte e cassapanche e fantesche di spalle. Ma lei sa meglio di me queste cose. Basterà pochissimo a dare sfondo a quel che lei dice, identità alle evocazioni, topografia agli avvenimenti («in un punto del tempo…», quel punto, quel tempo).
Io sono felice, d’altra parte, che le sia stato detto che al saggio non va tolto nulla. È perfettamente così, e mi dà gioia quella lettura, quell’attenzione esatta e pura nel suo lavoro. Me ne dica di più, se è possibile.

Io traverso uno strano periodo, un poco sonnambolico, interrotto da momenti di acutissima veglia. Le chiavi continuano ad aprire porte inattese, a condurre in territori che sarebbero estremamente piaciuti a P[adre] Benedetto. Io non sono così innocente da penetrare in quei territori come Alice nello specchio – mi rendo conto che si può scoprire all’improvviso di trovarsi in foreste di orsi e di serpenti. Ma che fare? P. Bened. era ostinato in vita e sembra lo sia ancora di più ora che è di là dalla vita – in certi momenti mi accade di trasalire per la sensazione, sulla spalla e al gomito, della sua mano che mi sospinge… Preghi molto per me e per tutti gli altri. Alcuni giorni fa, qui in biblioteca, per due volte ho sfiorato precipizi di dolore che solo 5 anni fa mi avrebbero inghiottita… Bisogna veramente affidarsi alla Divina Madre e agli Angeli. (Quest’anno, tra l’altro, c’è un passaggio di Urano in Scorpione che rappresenta per tutti prospettive cicloniche. Per Lei, Acquario, meno grave; per me, Toro, molto di più).
La bacia con ogni tenero pensiero la sua
Vie

Please follow and like us: