NUMERO MATTO: LE RAGAZZE DI BARBIANA di Anna Maria Farabbi

Sandra Passerotti, Le ragazze di Barbiana, La scuola al femminile di Don Milani, Libreria Editrice Fiorentina 2019

 

Le ragazze di Barbiana. La scuola al femminile di Don Milani

 

Una delle intelligenze più acute e rivoluzionarie del ‘900 è stata quella di Don Lorenzo Milani. O, più propriamente, di Lorenzo Carlo Domenico Milani.

Nasce a Firenze il 27 Maggio 1923 e nella stessa città muore il 28 Giugno 1967. La sua didattica rivolta ai bambini e ai ragazzi disagiati, poveri, isolati nella sperduta località di Barbiana, nel comune di Vicchio, in provincia di Firenze,  rimane a tutt’oggi esemplare e magistrale, consegnando ancora motivate accuse a un sistema di istruzione pubblica che presenta notevoli criticità in una decadenza culturale generale, svenando la formazione degli alunni. Scriveva Don Milani:

Il mondo ingiusto l’hanno da raddrizzare i poveri, e lo raddrizzeranno solo quando l’avranno giudicato e condannato con mente aperta e sveglia, come lo può avere solo un povero che è stato a scuola,

Vale la pena ricordare, in sintesi, quanto le sue opere fecero scaturire roventi polemiche, primariamente da parte della gerarchia cattolica, ma anche dei politici e intellettuali del tempo. Esperienze Pastorali fu oggetto di un decreto del Sant’Uffizio del 1958 che proibì la sua stampa e la sua diffusione, interrotta soltanto nel 2014. Naturalmente, non posso non citare Lettera a una professoressa, del 1967. Anche, L’obbedienza non è più una virtù, a cura di Carlo Galeotti, nel 1965, tra l’altro contenente documenti sul processo da lui subito per apologia di reato.

Avere il coraggio di dire ai giovani: che essi sono tutti sovrani per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.

Milani nasce in una famiglia agiata e colta. Suo padre Albano era un chimico appassionato di letteratura, mentre la madre triestina proveniva da una famiglia di ebrei boemi, non meno colta. Allieva di James Joyce e cugina di Edoardo Weiss che la introdusse agli studi di Sigmund Freud. Entrambi i genitori si dichiaravano agnostici e anticlericali.

Considero personalmente Don Lorenzo Milani uno dei miei maestri interiori. Raggiungere Barbiana è stato per me un viaggio necessario, un incontro, un gesto di riconoscenza, un saluto di presenza commossa fino alla piccolissima comunità dell’orto cimitero. Dopo la lettura e lo studio dei suoi scritti, non potevo non cogliere il lavoro di Sandra Passerotti. Da sempre impegnata a narrare e a diffondere i valori della scuola di Barbiana, Passerotti affronta in questa ricerca un aspetto del tutto ignorato fino a ora o, perlomeno, non così sistematicamente illuminato: la sua attenzione verso i più poveri tra i poveri, cioè le ragazze di Barbiana, proprio perché allora, senz’altro più di oggi, (Don Lorenzo arriva a Barbiana nel ’54), soffrivano una disuguaglianza di diritti rispetto ai maschi.

Sandra Passerotti, moglie di Fabio Fabbiani, allievo di Milani, apre l’opera annunciando i criteri della sua ricerca, legittimandone la sua capillare attendibilità. Spalanca appassionatamente la pagina della Costituzione della Repubblica Italiana, pubblicata nel 1947, indicando l’art.2, 3,9,33,34,37,51,127 come fondanti del nostro Paese. Passi conquistati grazie al sacrificio di migliaia di individui, e posti a comandamento civile dopo il massacro delle due guerre mondiali. Chiaramente tutti gli articoli evidenziati sono rivolti alla solidarietà politica, economica e sociale, sull’uguaglianza e pari dignità senza distinzione di sesso dei cittadini.

In questo orizzonte civile, prima ancora che spirituale, Don Milani aveva tessuto e  teso tutta la sua vita.

Nell’ultimo capitolo intitolato Non è una conclusione, Passerotti scrive:

Il vero protagonista del racconto è il tentativo di attuare questi passi della Costituzione nella minuscola realtà di Barbiana… … All’inizio della mia piccola ricerca mi domandavo se ci fossero state delle bambine a Barbiana e quale peso avessero avuto nel progetto pedagogico di Don Lorenzo Milani.

Queste pagine forniscono una dettagliata e documentata risposta.

Il 9 maggio 1966 il sacerdote scrive a Giuseppina Grasso Melli:

Cara Giuseppina,

mi rivolgo a te perché come sai l’unica differenza tra i maschi e le femmine è che le femmine capiscono qualcosa nei fatti altrui mentre i maschi capiscono solo nei loro propri.

Seguono in successione, alternate da fotografie, testimonianze di allieve, più o meno occasionali. Ciascuna esprime una gratitudine verso la sua figura autoriale, severa, attentissima, paterna, esornativa, di notevole apertura intellettuale e, sicuramente, contro la dominante cultura tradizionale patriarcale, che precludeva alle bambine una formazione culturale al di là del ruolo domestico familiare. Milani non faceva distinzione insegnando a maschi e femmine, Le testimonianze delle bambine di allora, oggi adulte, rivelano persino di aver ricevuto lezioni di educazioni sessuale, anche se separatamente dai maschi.

La scuola di Barbiana poté operare fin dalle sue origini, scrive Passerotti, per la presenza costante, assidua e determinata, per quanto discreta, di molte donne adulte. Costoro a diverso titolo e circostanze, non solo fornirono alla comunità nel suo complesso un sostegno operativo, ma ricoprivano un preciso ruolo educativo e intervennero in prima persona nell’attività didattica.

Tra le donne nominate, per prima, l’amatissima madre Alice Weiss, la cui presenza rimase sempre sporadica e mai profondamente coinvolta nell’appassionato progetto del figlio, tuttavia sempre prodiga di doni, di libri e materiale didattico e di cancelleria.

Una vera e propria rete di donne, di diverse generazioni, tese attorno a Milani, ognuna con il  proprio contributo pratico e didattico.

Il libro riporta frammenti di carteggi soprattutto scambiati con la madre. Leggiamo:

5 febbraio 1963 (due giorni prima il sacerdote, per un’intensa nevicata, fu costretto a mandare via i ragazzi dopo il pasto per non rischiare di farli rimanere bloccati)

Oggi sono tornati tutti i ragazzi. Anche loro hanno passato la giornata di ieri a spalare il paesaggio per oggi con i loro genitori. Ora sono rimasto solo in casa, manca poco a mezzanotte e sto aspettando che tornino tutti da Vicchio dove li ho mandati chi a vedere chi a rivedere il film “Alle armi siam fascisti”, anche l’Eda! Le è venuto un coraggio da barbianese nata. Da dove lì potrà riportare la macchina a casa avranno una buona ora a piedi nella neve. C’è però un bel chiaro di luce e 4 sopra zero.

L’opera di Sandra Passerotti ha il merito, inoltre, di riportare in una giusta contestualizzazione storica informazione sul paesaggio didattico istituzionale nazionale negli anni 50/60, così da favorire al lettore un confronto con il metodo di Milani e con fermenti di innovazione che, malgrado la loro esiguità, stavano emergendo. Tra tutti, nel 1951, il Movimento di Cooperazione Educativa fondato dalla maestra Anna Marcucci Fantini assieme al marito, a cui si aggiunsero tra le varie personalità Mario Lodi e Alberto Manzi. Nel pensiero e nell’opera di costoro, Pierotti si riferisce ai componenti del movimento, rivolti ai colleghi della scuola pubblica (“dare il meglio di sé, dare di più ai più bisognosi) la questione della “promozione sociale delle bambine” è sempre presente, affiancata non a caso ad altri punti critici, come al superamento del dislivello di qualità tra scuola di città e scuola di campagna.

Ma proprio per risaltare la valorizzazione rivoluzionaria del pensiero e dell’azione didattica di Milani, Passerotti riporta per intero passi del DPR n.503 del 14 Giugno 1955, concernente i nuovi programmi ministeriali, firmati dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Ermini. Vale la pena riportare per intero passi del decreto che scaraventa letteralmente indietro lo sviluppo emancipatorio della donna:

Per il Primo ciclo i Programmi Ermini prescrivono che:

“…le bambine siano lasciate ai loro giochi preferiti (cura della bambola, sua pulizia, vestizione, acconciatura ecc.) e vengano addestrate – termine rigorosamente bandito dai programmi precedenti n.d.r. – alle più semplici e più facili attività della casa.”

Le indicazioni normative per il Secondo ciclo sono ancora più esplicite:

“Il lavoro femminile sia tenuto nella più alta considerazione come uno degli elementi di formazione spirituale della donna e per la sua grande influenza morale e materiale nella vita domestica. Le fanciulle saranno pertanto esercitate in graduali lavori più facili e più comuni di maglia, di cucito, di rattoppo, di rammendo, e di ricamo, con particolare riguardo alle esigenze più sentite e alle tradizioni dell’ambiente locale. Siano inoltre educate ai più facili lavori di pulizia, di abbellimento di buon governo della casa. Sarà curata anche la pratica dell’igiene e, possibilmente, delle più elementari abilità nel cucinare”.

 La  Libreria Editrice Fiorentina www.lef.firenze.it ha una intera collana di opere di Milani e su Milani.

Torniamo a riflettere sul pensiero e sul fare di questo maestro.

 

Anna Maria Farabbi

 

 

 

 

 

 

 

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