PICCOLINO VA ALLA GUERRA?, di Paolo Gera

Due sono i testi che hanno tormentato la mia infanzia e molto spesso le cose che danno sofferenza le si torna a cercare, o per malcelato masochismo o per un tentativo di progressiva anestetizzazione, di ricerca della prova, all’ennesima lettura, che il tormento è stato superato. Quando leggi da piccolo le parole scritte, se evocano il male, ti arrivano come rasoiate e non hai possibilità di difesa: o almeno questo succedeva a me,  che ero un bambino ipersensibile mi è sempre stato detto. Dunque si trattava di una poesia e di un racconto. “Johnnie Sayre” di Edgar Lee Masters e “La piccola vedetta lombarda”, inclusa nel libro “Cuore” di  Edmondo De Amicis. La ruota del motore che uccideva il bambino americano, straziava la carne anche a me; la pallottola che colpiva il ragazzino italiano perforava la mia testa o il mio petto, ora non ricordo come finisse. La poesia “ La canzone di Piccolino”, di Guido Gozzano la conobbi per fortuna più tardi perché per me sarebbe stato insostenibile  ascoltare versi in cui il protagonista perdesse in tenera età la madre e infine morisse come minuscolo soldato in una guerra sconosciuta. Guido Gozzano scrisse la filastrocca per “Il Corriere dei Piccoli” nel 1905. Non c’era nessun grande conflitto all’orizzonte, prima e dopo ‘solo’ le stupide e criminali guerre coloniali dell’Italia in Africa, Abissinia e Libia. Dunque quella di cui si parla nella poesia è la Guerra con la g maiuscola, forse eco di quelle risorgimentali che nello stesso periodo gonfiavano il petto di patriottismo a Edmondo De Amicis, forse simbolo di quelle di ogni tempo e paese dove anche i più piccoli ci lasciano la pelle, anche sui campi di battaglia. Per me  però “Piccolino” è legata a una guerra in particolare, quella dell’Iraq, voluta dagli Stati Uniti e dal suo presidente George W.Bush nel 2002, per portare la democrazia in quel paese, ma in realtà per ragioni di geopolitica e per impadronirsi dei fruttiferi pozzi petroliferi là situati. Io e Alessandra Gasparini avevamo appena fondato il “Teatro della Pozzanghera”. Il nostro amico Renzo Raccanelli ci aveva detto un giorno: – Perché  non fondate una compagnia tetrale per bambini?  Detto fatto. Ci ritrovammo con una dozzina di piccoletti assolutamente poco disciplinati, maschi e femmine: il più piccolo avrà avuto 5 anni e la più grande 10. Il Natale del 2002 rappresentammo la nostra prima opera e fu “La canzone di Piccolino”. Gli attori recitavano a turno versi della poesia e nella parte finale andavano a prendere i propri animaletti di peluche, avvolti in bende insanguinate e li portavano al pubblico, mentre la voce di Patti Smith intonava con voce accorata una dolente canzone di guerra. Guido Gozzano non immaginava che un giorno ci sarebbero stati nel mondo soldati-bambini. Noi lo sappiamo con certezza. Solo nel 2019, più di 7740 bambini e bambine, alcuni di appena sei anni, sono stati reclutati e usati come soldati in tutto il mondo. Nel 2020, l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, segnala quasi 8600 casi verificati di reclutamento di bambini e sottolinea anche come questo fenomeno sia fortemente sottostimato. Bambini di sei anni, anche. Mica si fermano questi dati, magari aumentano. E’ di questi giorni la notizia che molti ragazzi ucraini che vivono in Italia sono partiti per arruolarsi contro la Russia. A me non importa che abbiano o no diciotto anni.  Non me ne importa degli stupidi dati anagrafici e quelli statistici utilizzati per la propaganda mi fanno ribrezzo.I ragazzi non devono fare la guerra, nemmeno per difendere la propria patria dall’aggressione di una nazione straniera. I ragazzi e le ragazze possono protestare con la voce e l’azione, ma sempre in un modo non-violento. Ci deve essere qualcuno a spezzare la linea dell’odio ancestrale e dei presenti sporchi profitti. Solo i ragazzi possono farlo. I ragazzi non devono fare la guerra, punto e basta.

https://www.youtube.com/watch?v=nIvWVOEHIxw

 

Piccolino, morta mamma,
non ha più di che campare;
resta solo con la fiamma
del deserto focolare;
poi le poche robe aduna,
mette l’abito più bello
per venirsene in città.
Invocando la fortuna
con il misero fardello,
Piccolino se ne va.

E cammina tutto il giorno,
si presenta ad un padrone:
“Buon fornaio al vostro forno
accoglietemi garzone”.
Ma il fornaio con la moglie
ride, ride trasognato:
“Piccolino, in verità
il mio forno non accoglie
un garzone appena nato!
Non sei quello che mi va”.

Giunge al re nel suo palagio,
ripresenta ardito e fiero:
“Sono un piccolo randagio,
Sire, fatemi guerriero”.
Il buon Re sorride: “Omino,
vuoi portare lancia e màlia?
Un guerriero? In verità
tu hai bisogno della balia!
Tu sei troppo piccolino:
Non sei quello che mi va”.

Vien la guerra: dopo un poco,
sono i campi insanguinati;
Piccolino corre al fuoco
tra le schiere dei soldati.
Ma le palle nell’assalto
lo sorvolano dall’alto
quasi n’abbiano pietà.
“È carino quell’omino,
ma per noi troppo piccino:
non è quello che ci va!”.

Finalmente una di loro
lo trafora in mezzo al viso;
esce l’anima dal foro,
vola, vola in Paradiso.
Ma San Pietro: “O Piccolino,
noi s’occorre d’un Arcangelo
ben più grande in verità.
Tu non fai nemmeno un Angelo
e nemmeno un Cherubino…
Non sei quello che ci va”.

Ma dal trono suo divino
Gesù Cristo scende intanto
e sorride a Piccolino
e l’accoglie sotto il manto:
“Perché parli in questo metro,
o portiere d’umor tetro?
Piccolino resti qua.
Egli è piccolo e mendico
senza tetto e senza amico:
egli è quello che mi va…
O San Pietro, te lo dico,
te lo dico in verità”.

 

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