SCRITTURE: Edgar Allan Poe tradotto da Raffaela Fazio

Edgar Allan Poe. Nevermore. Poesie di un Altrove, a cura di Raffaela Fazio” (Marco Saya Edizioni, 2021)

Nel presente volume mi sono occupata della traduzione di una poesia che – lo dico chiaramente – andrebbe letta, ancora più di altre, in lingua originale. Il motivo è semplice: la musicalità del verso. Per Edgar Allan Poe (Boston 1809 – Baltimora 1849) la musica è l’arte che più efficacemente eccita ed eleva l’anima, permettendole di accedere al regno etereo della bellezza. Non è dunque un caso che egli impieghi allitterazioni, assonanze, rime, parole con suoni vocalici aperti per fare della sua scrittura un tracciato armonico in grado di trasportare, evocare, unire un’immagine all’altra. Attraverso la sonorità e il ritmo del verso, che spesso assomiglia a una ballata e non di rado presenta una lunghezza variabile, l’autore vuole produrre un effetto immediato, incantatorio, vuole coinvolgere il lettore emotivamente, più che indurlo alla riflessione/ elaborazione concettuale. La sua poesia non si basa infatti su una molteplicità di livelli “stratigrafici” da indagare in profondità con il pensiero, ma sulla capacità di creare atmosfere suggestive, da un punto di vista tanto scenografico quanto psicologico.

Chi traduce Poe, dunque, dovrà a mio parere tenere a mente questi due aspetti: la resa musicale e la fedeltà a determinati indizi/parole che servono a ritrarre un luogo sia fisico che mentale. Personalmente, per quanto riguarda l’aspetto sonoro, ho optato per la consonanza/assonanza là dove non ho potuto restituire la rima originaria, di cui ho rispettato la posizione, alla fine o all’interno del verso; ho tentato altresì di mantenere una certa uniformità nella metrica dei versi italiani, naturalmente senza puntare a una coincidenza simmetrica con quelli inglesi, per ovvie differenze ritmiche tra le due lingue. Dal punto di vista lessicale, ho prestato attenzione a quegli elementi che il poeta usa, proprio come fossero oggetti teatrali, per creare sensorialmente (e soprattutto visivamente) effetti precisi nel lettore. Applicando gli stessi principi di traduzione poetica impiegati nel passato, mi sono concessa una maggiore libertà a livello sintattico, ad esempio attraverso lo spostamento di parole o di sintagmi; la resa implicita di similitudini esplicite; le ellissi (per alleggerire il testo ed evitare traduzioni prosaiche) o, al contrario, la ridondanza (a fini metrici e di ritmo); la resa dell’ambivalenza/ polisemia di un termine con l’impiego di due.

Mi auguro che, nel non facile esercizio di trasposizione da una lingua all’altra, sia riuscita a preservare la forza evocatrice dell’autore, che, con estrema originalità (al di là delle posizioni da lui stesso espresse nei suoi saggi, e dei distanziamenti professati), riassume nella sua scrittura diverse sottocorrenti: onirismo, simbolismo, romanticismo, gotico nordico, misticismo, decadentismo. Il lettore riconoscerà facilmente queste “note” di fondo […].

The Lake

 

In spring of youth it was my lot
To haunt of the wide earth a spot
The which I could not love the less –
So lovely was the loneliness
Of a wild lake, with black rock bound,
And the tall pines that towered around.

 

But when the Night had thrown her pall
Upon that spot, as upon all,
And the mystic wind went by
Murmuring in melody –
Then – ah then I would awake
To the terror of the lone lake.

 

Yet that terror was not fright,
But a tremulous delight –
A feeling not the jewelled mine
Could teach or bribe me to define –
Nor Love – although the Love were thine.

 

Death was in that poisonous wave,
And in its gulf a fitting grave
For him who thence could solace bring
To his lone imagining –
Whose solitary soul could make
An Eden of that dim lake.

 

 

 

Il lago

 

Nel fiore degli anni il caso volle

che un luogo abitassi, tra i mille.

Quel luogo, come amarlo meno?

tanto la solitudine era amena

del lago silvestre ovunque cinto

da nera roccia e pini torreggianti.

 

Ma quando gettava la Notte

il suo manto là sopra e su tutto,

e, passando, il mistico vento

mormorava un melodico canto –

allora mi destavo nel terrore

del lago remoto, solitario.

 

Non era una scossa di paura,

piuttosto, un tremulo piacere –

un sentimento che nessun tesoro

mi aiuterebbe o forzerebbe a dire –

neanche l’Amore – anche se tuo, l’Amore.

 

La Morte era in quell’onda avvelenata

e nel suo gorgo una tomba adeguata

a colui che riusciva là a lenire

il solingo suo fantasticare –

al solitario la cui anima era in grado

di fare un Eden di quel nero lago.

 

 

*

 

Serenade                          

 

So sweet the hour – so calm the time,

I feel it more than half a crime

When Nature sleeps and stars are mute,

To mar the silence ev’n with lute.

At rest on ocean’s brilliant dyes

An image of Elysium lies:

Seven Pleiades entranced in Heaven,

Form in the deep another seven:

Endymion nodding from above

Sees in the sea a second love.

Within the valleys dim and brown,

And on the spectral mountain’s crown,

The wearied light is dying down,

And earth, and stars, and sea, and sky

Are redolent of sleep, as I

Am redolent of thee and thine

Enthralling love, my Adeline.

But list, O list, – so soft and low

Thy lover’s voice tonight shall flow

That, scarce awake, thy soul shall deem

My words the music of a dream.

Thus, while no single sound too rude

Upon thy slumber shall intrude,

Our thoughts, our souls – O God above!

In every deed shall mingle, love.

 

 

 

Serenata

 

Così calmo il tempo – e dolce l’ora:

sarebbe un reato, mentre la natura

è assorta e le stelle sono mute,

sfarne il silenzio anche con un liuto.

Sull’oceano dalle tinte luminose

si è disteso un riflesso dell’Elisio:

sette Pleiadi nel cielo estasiate

altre sette in basso ne han formate:

Endimione dall’alto scorge in mare,

annuendo, un suo secondo amore.

Nelle valli, brune e quasi spente,

e sulla cima spettrale del monte,

si esaurisce la luce lentamente,

e terra e stelle e cielo e mare

sono pieni di sonno, come io ora

sono pieno di te, Adelina mia,

e del tuo amore, in dolce prigionia.

Ma ascolta! – tenue, in un sussurro

che a te stanotte la mia voce scorra!

Appena sveglia, crederai allora

musica di sogno ogni mia parola.

Senza che un brusco, insolente suono

si posi sul tuo sonno e là s’insinui,

le nostre anime – o Dio! – i nostri pensieri

in ogni atto s’intrecceranno, amore.

 

 

*

 

Bridal Ballad

 

The ring is on my hand,
And the wreath is on my brow;
Satin and jewels grand
Are all at my command,
And I am happy now.

And my lord he loves me well;
But, when first he breathed his vow,
I felt my bosom swell –
For the words rang as a knell,
And the voice seemed his who fell
In the battle down the dell,
And who is happy now.

But he spoke to re-assure me,
And he kissed my pallid brow,
While a reverie came o’er me,
And to the church-yard bore me,
And I sighed to him before me,
(Thinking him dead D’Elormie),
«Oh, I am happy now!»

And thus the words were spoken,
And this the plighted vow,
And, though my faith be broken,
And, though my heart be broken,
Here is a ring, as token
That I am happy now! –

Behold the golden token

That proves me happy now!

Would God I could awaken!
For I dream I know not how!
And my soul is sorely shaken
Lest an evil step be taken, –
Lest the dead who is forsaken
May not be happy now.

 

 

 

Ballata nuziale

 

Ecco, al mio dito porto l’anello,

e la ghirlanda mi adorna la fronte;

stoffe di raso, lussuosi gioielli

quanti ne voglio di queste, di quelli.

Adesso, lo so, io sono contenta.

 

Il mio signore mi ama davvero;

ma fece il suo voto e in quell’istante

sentii gonfiarsi di colpo il mio cuore –

rintocco funebre le sue parole,

come la voce di colui che allora

fu destinato in battaglia a cadere

là nella valle, e adesso è contento.

 

Il mio signore mi dette conforto,

poi mi baciò la pallida fronte

ed ecco che un sogno a occhi aperti

guidò i miei passi fino ai sepolcri;

e quando l’altro davanti ebbi scorto

sospirai (credendolo il morto

D’Elormie): “Sono adesso contenta!”

 

Così le parole vennero dette,

e pronunciato fu il giuramento;

seppur disattesi il voto già fatto

e il mio cuore s’infranse nel petto,

c’è ora un segno: è l’anello che metto.

È segno che adesso sono contenta! –

Guardate: è d’oro l’anello che metto

e prova che adesso io sono contenta!

 

Ah, mi facesse Dio risvegliare!

Del mio sogno non sono cosciente!

Scossa, l’anima ha tanta paura

che un passo infelice crei del male –

e che il morto di cui non si ha cura

possa adesso non esser contento.

 

 

*

 

 

A Dream Within a Dream

 

Take this kiss upon the brow!
And, in parting from you now,
Thus much let me avow –
You are not wrong, who deem
That my days have been a dream;
Yet if hope has flown away
In a night, or in a day,
In a vision, or in none,
Is it therefore the less gone?
All that we see or seem
Is but a dream within a dream.

 

I stand amid the roar
Of a surf-tormented shore,
And I hold within my hand
Grains of the golden sand –
How few! yet how they creep
Through my fingers to the deep,
While I weep – while I weep!
O God! Can I not grasp
Them with a tighter clasp?
O God! can I not save
One from the pitiless wave?
Is all that we see or seem
But a dream within a dream?

 

 

 

Un sogno dentro a un sogno

 

Accogli il mio bacio sulla fronte!

Da te io mi separo in questo istante.

Lascia allora che ti confessi tanto:

se pensi che i miei giorni siano stati

solo un sogno, non ti sei sbagliata;

Se in una notte, in un giorno appena,

in una visione oppure in nessuna

la speranza in fretta è scomparsa,

può dirsi per questo meno persa?

Ciò che vediamo o sembriamo non è

che un sogno dentro a un sogno, altro non c’è.

 

In mezzo al fragore, su una sponda

esposta al flagello delle onde

stringo il pugno, tengo nella mano

la sabbia coi suoi dorati grani –

Così pochi! E vanno scivolando

tra le mie dita, giù, nel profondo,

mentre io piango – e ancora piango!

O Dio, con una stretta maggiore

non riuscirei a trattenerli allora?

O Dio, neanche uno mi è dato

salvarne dunque dall’onda spietata?

Ciò che vediamo o sembriamo non è

che un sogno dentro a un sogno? altro non c’è?

 

Raffaela Fazio (Arezzo 1971) lavora a Roma come traduttrice. Laureata in lingue e politiche europee all’Università di Grenoble, si è poi specializzata presso la Scuola di Interpreti e Traduttori di Ginevra. In seguito, ha conseguito un Diploma in Scienze Religiose e un Master in Beni Culturali della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Nel campo dell’iconografia, ha pubblicato Face of Faith. A Short Guide to Early Christian Images (2011) e La corona che non appassisce. L’escatologia nella scultura funeraria dei primi cristiani (Contatti, 2020). È autrice di vari libri di poesia. Tra gli ultimi: L’arte di cadere (Biblioteca dei Leoni, 2015); Ti slegherai le trecce (Coazinzola Press, 2017); L’ultimo quarto del giorno (La Vita Felice, 2018); Midbar (Raffaelli Editore, 2019); Tropaion (puntoacapo Editrice, 2020); A grandezza naturale 2008-2018 (Arcipelago Itaca, 2020); Meccanica dei solidi. Solid Mechanics (puntoacapo Editrice, 2021); Un’ossatura per il volo (Raffaelli Editore, 2021). Ha pubblicato un libro di racconti, vincitore del primo premio Narrapoetando 2021, Next Stop. Racconti tra due fermate (Fara Editore, 2021). Si è inoltre occupata della traduzione dal tedesco di Rainer Maria Rilke, le cui poesie d’amore sono state raccolte in Silenzio e Tempesta (Marco Saya Edizioni, 2019).

 

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